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La storia discografica degli Elio e le Storie Tese (d’'ora in poi EelST) è perfetta per il gioco del “se fosse”.

Se fosse un cane sarebbe un cane morto, perché si sa che i cani vivono al massimo una quindicina d’'anni. L'esempio del cane è infelice.

Se fosse una tartaruga sarebbe una tartaruga nel fiore degli anni. Ecco un esempio felice.

Se fosse una persona sarebbe un giovane o una giovane, ripetente un anno al classico e attualmente iscritto/a a psicologia; guiderebbe da quattro anni la macchina elettrica senza targa, e nel 2010 potrebbe votare per il Senato della Repubblica. Avrebbe già sperimentato le droghe sintetiche. Avrebbe già passato il periodo di insofferenza e ribellione verso i genitori, avrebbe già detto loro “Basta!, vi odio, non ho chiesto io di venire al mondo! Non sapete niente di me!”. Ma chi sono i genitori di EelST? Sono state dette e trascritte una quantità di cazzate sull’argomento. Frank Zappa? Solo perché componeva musica variegata? Allora è più papà Claudio Monteverdi, morto anch'egli ma da più tempo, quindi più autorevole. Gli Skiantos? Può essere, ma in quel caso la mamma sarebbe stata una dissoluta che si accompagnava a quattro-cinque persone contemporaneamente e ciò evocherebbe il fantasma del sesso senza amore, concetto del tutto estraneo agli eterni ragazzi di “Italia sì Italia no”. I Brutos? Almeno erano degli elegantoni come gli Elio e le Storie Tese d’'oggigiorno. Sì, i Brutos vanno bene.

Riassumendo: la carriera discografica degli EelST è un giovanotto elegante di vent'anni figlio dei Brutos che non può ancora votare per il Senato.

Insomma non giriamo troppo intorno all’'argomento: sono trascorsi vent’'anni dalla pubblicazione di "Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu", il primo album uscito su etichetta Psycho distribuita CBS nell’'anno 1989. Se ci guardiamo indietro non sembrano più di diciannove anni, diciannove e mezzo al massimo; ad alcuni di noi sembra ieri e invece è ieri moltiplicato 7300.

Quale festeggiamento migliore - per il compleanno di un giovanotto ventenne - di una compilazione discografica dal titolo privo di attinenza? Ecco Gattini, il nuovo lavoro del complesso milanese dalla copertina concepita strizzando l'occhio in particolare agli omosessuali effemminati e alle ragazze non ancora drogate, ma in generale a tutti quelli che quando vedono un cucciolo esclamano: “Ooooh, amore!”. Un trionfo di tenerezza, colori pastello, musetti delicati e poesia, da sempre i tratti distintivi della compagine meneghina.

Quale occasione migliore per celebrare, in compagnia di un ensemble sinfonico diretto da Danilo Grassi, i brani-cardine del repertorio EelST riarrangiati per orchestra da Alessandro Nidi?

Quale pretesto più appropriato per ricordare figure umane e professionali del calibro di John Holmes? Quale circostanza più azzeccata per rivivere i fasti del Cassonetto differenziato per il frutto del peccato? E Nubi di ieri sul nostro domani odierno? Cioè il brano meno pagato dalla SIAE ai suoi compositori (noi) perché tutti sui borderò scrivono “Abitudinario”? Vogliamo dimenticarcene? Non potremmo neppure volendo. Se si organizzassero feste danzanti per psicopatici, Gattini sarebbe la colonna sonora ideale: il foxtrot delicato de La vecchia azienda agricola, la ciaccona bovina de Il vitello dai piedi di balsa, il lento da mattonella di Pork e Cindy; tutti brani che non sfiguererebbero nella playlist di un disk-jockey disoccupato ma sicuro del fatto suo. Altre canzoni venute molto bene secondo un sondaggio condotto tra persone deluse dalla vita e non: Uomini col borsello, che ripropone un accessorio della moda maschile sottovalutato anche quando era in voga (votato dal 31% degli intervistati); Essere donna oggi, un delicato affresco dell'’altra metà del cielo, inviso a parte dell’'uditorio femminile nonostante il termine “figa” all’'interno del testo venga utilizzato solo in caso di effettiva necessità espressiva (votato dal 29%). E ancora La terra dei cachi (43%), il secondo brano meno pagato dalla SIAE ai suoi compositori (sempre noi) perché tutti sul borderò scrivono “Italia sì Italia no”; e Psichedelia, l'’equivalente musicale de “Le porte della percezione” di Aldous Huxley, il brano che è stato definito la segale cornuta del pop italiano e che si avvale della partecipazione di uno sfavillante Lucio Dalla a interpretare il difficile ruolo di Dio (12%). A proposito di Lucio Dalla: non è certo il solo fra gli Artisti di spessore chilometrico ad averci onorato della sua presenza in casa Gattini. Vogliamo parlare di un Enrico Ruggeri? E di un Riccardo Fogli? Forse che un Max Pezzali o un Sir Oliver Skardy sono i figli della serva? No che non lo sono. Certo prima di partecipare alle registrazioni si sono assicurati che i loro brani preferiti (a parte quelli nei quali apparivano canoramente) fossero degnamente rappresentati. Ecco il motivo della presenza, nel florilegio di Gattini, di canzoni d’'epoca quali Il rock and roll, una composizione sul tema dei capisaldi della musica giovane per i giovani (frastuono, amore libero, urina); Shpalman, che fa rivivere il mito del supereroe raddrizza-torti già cantato nella saga di Supergiovane; La follia della donna, che sostiene l’'industria calzaturiera con un inno generazionale che ha fatto sognare milioni di compratrici compulsive di scarpe. A concludere le danze (insieme alla rossiniana Largo al factotum tratta dal sempreverde Barbiere di Siviglia) giunge l’'inedita Storia di un bellimbusto, ritratto affettuoso (ma comprensivo di qualche scappellotto) del giovane e meno giovane protagonista delle notti sudaticce e cocaine della movida cittadina.

Dopo tanta musica ecco giungere l’epilogo, la deprivazione sensoriale, il senso di vuoto tipico della fine dei dischi di pregio. Ma è sufficiente premere il tasto repeat per assistere al miracolo della continuità, dell'’allegria sempreverde, della musicalità trionfale miao miao di Gattini. Il disco che restituisce gli Elio e le Storie Tese all’'affetto dei fans che li avevano momentaneamente accantonati per dedicarsi ai Lost e ai Dari ma che oggi, ottobre 2009, si rendono conto che gli EelST valgono almeno tanto quanto.


Arrangiamenti orchestrali: Alessandro Nidi
Direzione d'orchestra: Danilo Grassi
Violino: Michelangelo Mazza, Elena Bassi, Luca Braga, Marco Bronzi, Pierantonio Cazzulani, Veronica Pisani, Francesco Senese
Viola: Francesco Lattuada, Matteo Amadasi, Filippo Milani
Violoncello: Gregorio Buti, Marco Decimo, Marco Dell'acqua, Leonardo Sesenna
Contrabbasso: Giuseppe Ettorre, Demetrio Costantino
Flauto: Marco Zoni
Oboe: Gianni Viero
Clarinetto: Corrado Giuffredi
Fagotto: Davide Fumagalli
Corno: Ugo Favaro
Tromba: Marco Bellini, Andrea Giuffredi, Francesco Tamiati
Trombone: Eugenio Abbiatici, Fabio Costa
Timpani e percussioni: Danilo Grassi

Elio e le storie tese

Gattini

Gattini

bandcamp

La storia discografica degli Elio e le Storie Tese (d’'ora in poi EelST) è perfetta per il gioco del “se fosse”.

Se fosse un cane sarebbe un cane morto, perché si sa che i cani vivono al massimo una quindicina d’'anni. L'esempio del cane è infelice.

Se fosse una tartaruga sarebbe una tartaruga nel fiore degli anni. Ecco un esempio felice.

Se fosse una persona sarebbe un giovane o una giovane, ripetente un anno al classico e attualmente iscritto/a a psicologia; guiderebbe da quattro anni la macchina elettrica senza targa, e nel 2010 potrebbe votare per il Senato della Repubblica. Avrebbe già sperimentato le droghe sintetiche. Avrebbe già passato il periodo di insofferenza e ribellione verso i genitori, avrebbe già detto loro “Basta!, vi odio, non ho chiesto io di venire al mondo! Non sapete niente di me!”. Ma chi sono i genitori di EelST? Sono state dette e trascritte una quantità di cazzate sull’argomento. Frank Zappa? Solo perché componeva musica variegata? Allora è più papà Claudio Monteverdi, morto anch'egli ma da più tempo, quindi più autorevole. Gli Skiantos? Può essere, ma in quel caso la mamma sarebbe stata una dissoluta che si accompagnava a quattro-cinque persone contemporaneamente e ciò evocherebbe il fantasma del sesso senza amore, concetto del tutto estraneo agli eterni ragazzi di “Italia sì Italia no”. I Brutos? Almeno erano degli elegantoni come gli Elio e le Storie Tese d’'oggigiorno. Sì, i Brutos vanno bene.

Riassumendo: la carriera discografica degli EelST è un giovanotto elegante di vent'anni figlio dei Brutos che non può ancora votare per il Senato.

Insomma non giriamo troppo intorno all’'argomento: sono trascorsi vent’'anni dalla pubblicazione di "Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu", il primo album uscito su etichetta Psycho distribuita CBS nell’'anno 1989. Se ci guardiamo indietro non sembrano più di diciannove anni, diciannove e mezzo al massimo; ad alcuni di noi sembra ieri e invece è ieri moltiplicato 7300.

Quale festeggiamento migliore - per il compleanno di un giovanotto ventenne - di una compilazione discografica dal titolo privo di attinenza? Ecco Gattini, il nuovo lavoro del complesso milanese dalla copertina concepita strizzando l'occhio in particolare agli omosessuali effemminati e alle ragazze non ancora drogate, ma in generale a tutti quelli che quando vedono un cucciolo esclamano: “Ooooh, amore!”. Un trionfo di tenerezza, colori pastello, musetti delicati e poesia, da sempre i tratti distintivi della compagine meneghina.

Quale occasione migliore per celebrare, in compagnia di un ensemble sinfonico diretto da Danilo Grassi, i brani-cardine del repertorio EelST riarrangiati per orchestra da Alessandro Nidi?

Quale pretesto più appropriato per ricordare figure umane e professionali del calibro di John Holmes? Quale circostanza più azzeccata per rivivere i fasti del Cassonetto differenziato per il frutto del peccato? E Nubi di ieri sul nostro domani odierno? Cioè il brano meno pagato dalla SIAE ai suoi compositori (noi) perché tutti sui borderò scrivono “Abitudinario”? Vogliamo dimenticarcene? Non potremmo neppure volendo. Se si organizzassero feste danzanti per psicopatici, Gattini sarebbe la colonna sonora ideale: il foxtrot delicato de La vecchia azienda agricola, la ciaccona bovina de Il vitello dai piedi di balsa, il lento da mattonella di Pork e Cindy; tutti brani che non sfiguererebbero nella playlist di un disk-jockey disoccupato ma sicuro del fatto suo. Altre canzoni venute molto bene secondo un sondaggio condotto tra persone deluse dalla vita e non: Uomini col borsello, che ripropone un accessorio della moda maschile sottovalutato anche quando era in voga (votato dal 31% degli intervistati); Essere donna oggi, un delicato affresco dell'’altra metà del cielo, inviso a parte dell’'uditorio femminile nonostante il termine “figa” all’'interno del testo venga utilizzato solo in caso di effettiva necessità espressiva (votato dal 29%). E ancora La terra dei cachi (43%), il secondo brano meno pagato dalla SIAE ai suoi compositori (sempre noi) perché tutti sul borderò scrivono “Italia sì Italia no”; e Psichedelia, l'’equivalente musicale de “Le porte della percezione” di Aldous Huxley, il brano che è stato definito la segale cornuta del pop italiano e che si avvale della partecipazione di uno sfavillante Lucio Dalla a interpretare il difficile ruolo di Dio (12%). A proposito di Lucio Dalla: non è certo il solo fra gli Artisti di spessore chilometrico ad averci onorato della sua presenza in casa Gattini. Vogliamo parlare di un Enrico Ruggeri? E di un Riccardo Fogli? Forse che un Max Pezzali o un Sir Oliver Skardy sono i figli della serva? No che non lo sono. Certo prima di partecipare alle registrazioni si sono assicurati che i loro brani preferiti (a parte quelli nei quali apparivano canoramente) fossero degnamente rappresentati. Ecco il motivo della presenza, nel florilegio di Gattini, di canzoni d’'epoca quali Il rock and roll, una composizione sul tema dei capisaldi della musica giovane per i giovani (frastuono, amore libero, urina); Shpalman, che fa rivivere il mito del supereroe raddrizza-torti già cantato nella saga di Supergiovane; La follia della donna, che sostiene l’'industria calzaturiera con un inno generazionale che ha fatto sognare milioni di compratrici compulsive di scarpe. A concludere le danze (insieme alla rossiniana Largo al factotum tratta dal sempreverde Barbiere di Siviglia) giunge l’'inedita Storia di un bellimbusto, ritratto affettuoso (ma comprensivo di qualche scappellotto) del giovane e meno giovane protagonista delle notti sudaticce e cocaine della movida cittadina.

Dopo tanta musica ecco giungere l’epilogo, la deprivazione sensoriale, il senso di vuoto tipico della fine dei dischi di pregio. Ma è sufficiente premere il tasto repeat per assistere al miracolo della continuità, dell'’allegria sempreverde, della musicalità trionfale miao miao di Gattini. Il disco che restituisce gli Elio e le Storie Tese all’'affetto dei fans che li avevano momentaneamente accantonati per dedicarsi ai Lost e ai Dari ma che oggi, ottobre 2009, si rendono conto che gli EelST valgono almeno tanto quanto.


Arrangiamenti orchestrali: Alessandro Nidi
Direzione d'orchestra: Danilo Grassi
Violino: Michelangelo Mazza, Elena Bassi, Luca Braga, Marco Bronzi, Pierantonio Cazzulani, Veronica Pisani, Francesco Senese
Viola: Francesco Lattuada, Matteo Amadasi, Filippo Milani
Violoncello: Gregorio Buti, Marco Decimo, Marco Dell'acqua, Leonardo Sesenna
Contrabbasso: Giuseppe Ettorre, Demetrio Costantino
Flauto: Marco Zoni
Oboe: Gianni Viero
Clarinetto: Corrado Giuffredi
Fagotto: Davide Fumagalli
Corno: Ugo Favaro
Tromba: Marco Bellini, Andrea Giuffredi, Francesco Tamiati
Trombone: Eugenio Abbiatici, Fabio Costa
Timpani e percussioni: Danilo Grassi

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