Il Capodanno di EelST

03 gennaio 2012

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Il capodanno di Bari, senza fare torto ai numerosi capidanno nel mondo (da Cleveland alle nuove Ebridi), è senza dubbio uno dei più esclusivi. Gli Elio e le Storie Tese, sempre così attenti nello scegliere la loro destinazione di S. Silvestro, quando si è trattato – nella primavera del 2011 – di designare il luogo in cui avrebbero trascorso le ultime ore dell’anno in corso e le prime del successivo non hanno avuto dubbi. E dire che le proposte alternative erano allettanti: la zona industriale di Belgrado (rinomata ma anonima), una residenza privata di Castelgandolfo (romantica ma snob), le pendici del vulcano islandese Eyjafjallajokull (avventurose ma toppe ceneri). Ma noi EelST ci siamo guardati negli occhi, poi li abbiamo chiusi, abbiamo unito le nostre mani e come un sol uomo abbiamo puntato il dito (collettivo) sul mappamondo in un punto a caso, e abbiamo centrato il cuore del capoluogo pugliese. Va detto a onore del vero che il mappamondo era stato in precedenza truccato da alcuni incaricati che, come da nostre istruzioni, avevano messo insieme un globo terracqueo fatto di sola Puglia; per cui saremmo potuti capitare nella tentacolare provincia di Foggia, nella mastodontica provincia di Brindisi, nella godereccia provincia di Taranto, nella multisfaccettata provincia di Lecce; oppure – come è capitato a noi – nel polimorfo territorio barese. A quel punto è stato un gioco da ragazzi contattare l’amministrazione cittadina e chiedere di conferirci l’incarico di maestri di cerimonie. La risposta del Comune è stato un commosso “sì”, comunicatoci attraverso il messo comunale in abito da Brighella (la tradizionale maschera carnevalesca bergamasca che va per la maggiore nel Mezzogiorno). Da allora non è passato giorno senza che il sindaco venisse a trovarci a Milano o che noi ci recassimo a Bari per una riunione; l’obiettivo era dare vita ad un progetto condiviso, che alla fine è stato identificato in: suonare in piazza l’ultimo dell’anno. I nostri ultimi due viaggi Milano – Bari (28 e 29 dicembre 2011) e l’ultimo viaggio a Milano del sindaco (30 dicembre) sono serviti a mettere a punto gli ultimi particolari: eseguire o no “Italia sì Italia no”, stabilire il dress-code, scegliere gli addobbi per il cenone. Risultato: sì a “Italia sì Italia no”, dress-code smart-casual, e come addobbi per il cenone statue di porcellana biografiche di San Nicola. A quel punto, la mattina del 31, abbiamo preso l’ennesimo aereo (ormai a Linate ci conoscono, arriviamo, diciamo “il solito!” e in un attimo siamo a bordo) e siamo atterrati all’aeroporto di Bari Palese, che al contrario di quello di Bari Segreta è conosciuto un po’ da tutti. Rivedere Bari è stato un tuffo al cuore, inaspettato e intenso, anche se c’eravamo stati l’ultima volta il 29: i suoi dintorni, le sue persone, i suoi tanti aspetti, le case; insomma, la Bari che amiamo e ormai conosciamo a menadito. Abbiamo rifiutato con cortese fermezza l’albergo – lussuoso ma anonimo – che ci era stato proposto al centro della città; la nostra scelta è caduta sull’hotel Majesty, nella periferia sud, con le sue 110 camere che noi e il nostro entourage abbiamo occupato solo in parte. Non sappiamo dire cosa ci ha convinto maggiormente, se il paesaggio, se le linee architettoniche, se il rapporto qualità-prezzo, se la vicinanza di una Triggiano opulenta ma sobria. Sta di fatto che dopo un sonnellino rigeneratore eravamo già in auto alla volta del centro di Bari, con il cenone al sacco pronto da degustare e il cuore gonfio di aspettative. Ma una volta giunti in piazza della Libertà (ore 23,50) non sono più riusciti a tenerci; chi correva di qua, chi di là, preda di un incontenibile desiderio di affrontare al meglio quel concerto così a lungo atteso. Cesareo pizzicava nervosamente la sua chitarra elettrica, Faso in preda all’iperattività suonava di continuo delle note, Christian Meyer faceva dei rullìi sempre più veloci, Paola Folli faceva piroette sciamaniche, Rocco Tanica strabuzzava gli occhi all’indietro che si vedeva tutto il bianco, Elio mandava messaggini con il videotel (http://hardware.digital.it/sip-videotel-il-fallimento-corre-sul-filo-3207.html), Jantoman gridava frasi sconnesse dolcissime, Mangoni si accordava con l’assessore all’edilizia per delle cose. Insomma, nel giro di breve gli organizzatori hanno capito che era il caso di farci esibire, anche per motivi di ordine pubblico. L’anno sucessivo (venti minuti dopo) siamo saliti sul palco, e il colpo d’occhio era incredibile: un muro di un edificio. Poi ci siamo girati di 180° e il nuovo colpo d’occhio era ancora più incredibile: migliaia di persone festanti al grido di “buon anno nuovo”. Senza bisogno di metterci d’accordo (ormai noi EelST dopo quasi trent’anni ci conosciamo così bene) abbiamo deciso: avremmo suonato per quelle persone. Il muro e l’edificio alle nostre spalle erano splendidi ma non potevano competere con la gente che avevamo di fronte. All’improvviso tutto acquistava un senso: i mesi di trattative e preparativi, le incertezze, i disagi, i viaggi; e al centro di tutto, noi e il cuore di Bari. Del concerto in sè non c’è molto da dire: più o meno sempre le solite minchiate, "John Holmes", "Italia sì Italia no", gli assoli, le movenze e tutto il resto. Ma se dovessimo scegliere un momento magico, se potessimo barattare un trentennio di carriera con un singolo frammento di quella serata, certamente sceglieremmo quando ci siamo collegati con Londra che festeggiava il capodanno. I trenta secondi più belli della nostra vita, e sfidiamo chiunque a dimostrare il contrario. Le battute del presentatore, la nostra ingenua allegria, il pubblico barese che voleva con tutte le sue forze celebrare il capodanno inglese nel modo più appropriato. Insomma, in una parola: yes. Poi a un certo punto il concerto è finito, noi siamo scesi dal palcoscenico e si sono scatenate le danze. A proposito di questo dobbiamo salutare e dire un bel bravo a DJ Set, che è uno di quelli che lavora di più. In tanti posti dove siamo stati, prima o dopo di noi c’era sempre DJ Set, con i suoi dischi e le sue musiche registrate che fanno dimenare tutti. E pure noi, dimenàtici come i drogati quando hanno preso troppa droga (ma noi non ne avevamo presa) abbiamo danzato e ancora danzato, senza accorgerci che una garbata ma efficiente security deviava le nostre coreografie in direzione delle automobili e ci faceva salire a bordo senza neppure farcene accorgere. Il tempo di sentire gli echi di DJ Set spegnersi alle nostre spalle e già reintravedevamo le prime luci dell’hotel Majesty. A quel punto abbiamo capito che il grande sogno di capodanno era concluso; sebbene con il cuore fossimo ancora in piazza Libertà, non potevamo che arrenderci all’evidenza. Siamo scoppiati in una risata liberatoria fortissima, durata dalle 2:50 fino alle 3:02. Poi siamo saliti in camera in tempo per l’unica cosa che conta davvero nella vita: “Capodanno Italiano” in diretta da Napoli su Rai Uno. Anche se va detto che i capidanno in diretta dalla Campania migliori sono quelli con Barbara Chiappini, trasmessi dai locali o dagli hotel, in cui a un certo punto arrivano gli Alunni Del Sole e i neomelodici e un comico del Bagaglino di cui non ci si ricorda mai il nome e c’è il palco disadorno con la tastiera Korg M1 appoggiata sul supporto a forma di X. E sul tema “capodanno a Bari” direi che abbiamo detto un po’ tutto by Elio e le Storie Tese.
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